direttore Giangiacomo d’Ardia
… Dovremmo editare una rivista-progetto che riesca ad affrontare temi importanti senza dover confermare, per garanzie non richieste, il proprio ruolo accademico. Fare una rivista-progetto vuol dire possibilità di combinare materiali diversi in una continuità strutturale importante che evidenzierà il ruolo di chi firma di volta in volta il progetto, vuol dire anche stabilire che chi legge questa rivista usa questa rivista. Rivista come progetto nella forma e nella faticosa costruzione di una idea grafica ma anche nella struttura. Del progetto assumere gli aspetti tipici dello stimolo al rilancio, su temi paralleli, della figura sintetica. […] Un percorso disegnato attraverso i continui sconfinamenti tra architettura ed urbanistica, tra paesaggio ed ambiente, tra arte e oggettività, tra strumenti ed esecuzioni. Sono questi alcuni cambiamenti di direzione, in tutti i sensi: per desiderio di ridare forma ad un impaginato troppo appartenente ad editorie estranee; per la sperimentalità nell’individuare la soglia di una rivista accademica nel passaggio ad una rivista; per la rinuncia a priori a qualsivoglia modello di concorrenza impossibile, e sicuramente ingiustificata, con le riviste commerciali; non volendo invece assolutamente rinunciare a quegli aspetti che ne garantiscano una leggibilità stimolante di rilanci possibili. Lavorare su tematiche di margine rinunciando, questa volta sì, all’essere solo documento di salvaguardie specialistiche.